Autoritratto n. 2: Anna Maria Castelli

Quest’anno ERF invita otto musicisti a partecipare ad un esperimento di autoritratto. Strutturato come un’intervista breve, una selezione di otto artisti diventano così i protagonisti di una ideale e contemporanea Factory Musicale Monteverdi, come se fosse stata creata dallo stesso musicista, compositore e alchimista dei suoni. Fu Monteverdi ad inventare la contaminazione dei generi, unendo il sacro al profano, mescolando nelle sue creazioni i gesti della danza con le parole e la musica, scoprendo forme di melodia come la conosciamo nella musica pop, portando la poesia e il teatro a unirsi in un mondo immaginario che trascende i confini nella musica, nelle forme leggere e gioiose di rappresentazioni musicali e di feste barocche. Con questo autoritratto abbiamo invitato Anna Maria Castelli a far parte della Factory Musicale Monteverdi ERF, rispondendo a quattro domande.

1. Quale composizione musicale di Monteverdi preferisce?

Ciò che più mi affascina nelle composizioni di Monteverdi sono i Madrigali, espressione di una lunga ricerca fatta di continue evoluzioni e caratterizzati, fra i tanti elementi musicali, da una particolare attenzione alla parola e all’espressività emotiva nonché dall’intreccio di più linguaggi. Essendo una “cantattrice”, espressività emotiva e parola per me sono le privilegiate così come la pluralità dei linguaggi e tutto quel materiale che si presta a contaminazioni. Non a caso i Madrigali sono stati ripresi da musicisti del panorama jazz anche se, nella rilettura che io ho avuto modo di ascoltare, il canto monodico viene affidato comunque ad una voce liricamente impostata, mentre sarei curiosa di sperimentare un progetto totalmente reinterpretato, aprendo a nuove dimensioni, quasi a voler dipingere nuovi quadri sonori. Questa opera di Monteverdi contiene una tale forza espressiva e un uso innovativo dell’armonia e del testo, da renderla molto adatta ad essere sottoposta ad un nuovo processo di rilettura.

 

2. Nel vostro concerto in programma a ERF quest’anno, come si ritrova l’influenza multi genere e multi disciplinare di teatro e musica, inventata da Monteverdi?

Il nostro concerto è dedicato a Domenico Modugno, uno dei padri della canzone italiana, al quale ho dedicato ben due produzioni discografiche: la prima nel 1998, mi ha permesso di essere invitata al Montreux Jazz Festival e la seconda, qualche anno fa, mi ha dato una nuova occasione, attraverso nuovi spunti e le tante collaborazioni che nel corso degli anni mi hanno vista protagonista di molti spettacoli in cui le varie discipline si sono incontrate, di poter raccontare il lungo, complesso e ricco percorso artistico attraverso la scelta di brani che potessero rappresentare, a distanza di 20 anni, questa sintesi. Così come, nonostante la distanza temporale e stilistica, Claudio Monteverdi e Domenico Modugno sono legati da una comune ricerca di innovazione, espressività emotiva e impatto culturale, anche il nostro percorso è il risultato dei continui intrecci con le varie discipline artistiche. Ognuno di noi ha portato il proprio patrimonio acquisito grazie all’esplorazione di generi come il jazz, la canzone d’autore, il teatro canzone, il tango, il folklore dell’America latina, la musica elettronica, sempre ispirandosi all’utilizzo della musica e della parola come flusso comunicativo di emozioni profonde, come questi due grandi maestri ci insegnano.

Mi piace citare a titolo di esempio Lu pisci spada di Domenico Modugno, a mio avviso uno dei più bei testi d’amore in cui parola, musica e teatralità portano inevitabilmente chi ascolta in quel mare dove si sta consumando il dramma a dimostrazione che l’amore può spingersi in territori quasi inconcepibili per noi esseri umani. Modugno mette a disposizione del messaggio tutti gli strumenti in suo possesso: la musica, irregolare, suggestiva, tesa a creare i quadri sonori dei vari episodi che compongono il dramma; l’identificazione dell’interprete con i due protagonisti, cosa che le sue doti gli permettevano di fare con grande maestria essendo uomo di teatro, cinema, televisione; infine, il testo, descrittivo, crudo, diretto e al tempo stesso, straordinariamente poetico.

 

3. Come pensa evolverà il futuro della musica, sulla strada di una creatività senza confini tracciata da Monteverdi?

Difficile dirlo, l’eredità acquisita di patrimoni che in ogni ambito hanno detto molto rende probabilmente difficile trovare percorsi originali ma credo dipenderà anche dal ruolo che ogni artista vuole rivestire nella propria contemporaneità. Noi siamo inseriti nel nostro tempo e credo che il nostro compito sia trasmetterne i tratti distintivi senza dimenticare che eredità come quella lasciata da Monteverdi, unitamente a grandi compositori che hanno fatto la storia della musica, non possono essere trascurate né rinnegate in nome di una creatività tranchant.

 

4. Può suggerire una traccia dal suo ascolto di musica quotidiana preferita?

Gli ascolti che caratterizzano le mie giornate dipendono molto dall’umore, dal contesto in cui mi trovo e dal tempo che ho a disposizione, non amo utilizzare la musica come colonna sonora, mi sembrerebbe di darle poca importanza. Per questo forse prediligo compositori come Johan Johansonn o Esbjörn Svensson che creano paesaggi sonori nei quali posso ambientare i miei pensieri lasciandoli liberi di far emergere idee nuove. Passo molto tempo in compagnia dei grandi del jazz come Bill Evans, John Coltrane, Chet Baker, Charles Mingus senza trascurare interpreti come Elis Regina, Norma Winstone. Mi rendo conto che i miei ascolti sono decisamente complessi ed eterogenei proprio perché legati al momento specifico in cui mi trovo.

 

Johan Johansonn

Esbjörn Svensson

Bill Evans 

John Coltrane 

Chet Baker 

Charles Mingus

Elis Regina

Norma Winstone

 

Autoritratto n.2 Anna Maria Castelli in collaborazione con Michela Giorgini e Giampaolo Marzi