Autoritratto n. 5: Teatri 35

Quest’anno ERF invita otto musicisti a partecipare ad un esperimento di autoritratto. Strutturato come un’intervista breve, una selezione di otto artisti diventano così i protagonisti di una ideale e contemporanea Factory Musicale Monteverdi, come se fosse stata creata dallo stesso musicista, compositore e alchimista dei suoni. Fu Monteverdi ad inventare la contaminazione dei generi, unendo il sacro al profano, mescolando nelle sue creazioni i gesti della danza con le parole e la musica, scoprendo forme di melodia come la conosciamo nella musica pop, portando la poesia e il teatro a unirsi in un mondo immaginario che trascende i confini nella musica, nelle forme leggere e gioiose di rappresentazioni musicali e di feste barocche. Con questo autoritratto abbiamo invitato Teatri 35 a far parte della Factory Musicale Monteverdi ERF, rispondendo a quattro domande.

 

Teatri 35: Prima di rispondere alle domande dell’intervista è importante porre due piccole premesse: non siamo né musicisti, né abbiamo compiuto studi musicali, ma semplici appassionati di musica e quindi le nostre preferenze sono dettate esclusivamente da gusti personali. Poi va detto che la compagnia Teatri 35 è stata fondata e tuttora è composta da tre artisti Gaetano Coccia, Francesco Ottavio De Santis e Antonella Parrella, ognuno dei quali ha, ovviamente, gusti in generale e musicali in particolare, molto diversi. Premesso questo proviamo a rispondere.

 

1. Quale composizione musicale di Monteverdi preferite? 

Ci piace rispondere a questa domanda suggerendo un trittico di “canzoni” (termine pop), non è una classifica, ma un ex aequo.

Sì dolce tormento. La versione jazz di Paolo Fresu e Uri Caine ti fa capire la potenza melodica di Monteverdi. La ascolti sotto la doccia e senti la “saudade” brasiliana, la “pucundria” napoletana. Chiudi gli occhi e ti immagini di essere al tramonto sulla spiaggia mentre, guardando gli ombrelloni chiudersi, ti accorgi d’improvviso che tua figlia è diventata grande e tu, fuori moda.

Il lamento di Arianna. È un brano profondamente teatrale, potresti quasi recitarlo come fosse un monologo di Shakespeare o farne un esaltante playback, come proposto in una nostra performance: Arianna sola in scena con il suo dolore, gli occhi che guardano lontano, il volto illuminato solo da un taglio di luce; ci pensi e ti immagini Anna Magnani con il cuore in affanno e le lacrime che le solcano le guance.

L’Orfeo: Toccata. Nella messa in scena del 2002 al Gran Teatro del Liceo di Barcellona quando Jordi Savall entra dal fondo della platea con il grande mantello nero e l’occhio di bue che lo segue, sembra l’inizio di un concerto rock. Savall, il frontman, a passi sicuri arriva in buca, alza le mani al cielo e dà inizio alla favola in musica.

 

2. Nel vostro spettacolo in programma a ERF quest’anno, come si ritrova l’influenza multi genere e multi disciplinare di teatro e musica, inventata da Monteverdi?

La nostra ricerca nasce proprio da una contaminazione di generi, tant’è che è difficile definire sinteticamente il nostro lavoro, sempre a cavallo tra teatro, danza e musica. Di certo nel nostro percorso abbiamo sempre dato molta importanza a quest’ultima, che sia essa suonata dal vivo o riprodotta da un ipad. Le note in scena non sono un sottofondo o un riempitivo, sono la nostra drammaturgia interna, la nostra direttrice, ci animano e ci permettono di instaurare una connessione empatica con il pubblico. Sulla scena noi attuiamo un corpo a corpo con i suoni, con i musicisti, con la musica; cerchiamo di stargli accanto, di sottolineare dei passaggi, di dare enfasi a delle immagini riproducendole in un determinato momento. A dirla tutta la contaminazione è un prerequisito che è inconsciamente presente nei nostri corpi: forse oltre ad essere performer e attori, siamo anche musicisti: cerchiamo di ridurre a giusta intonazione il nostro unico strumento, il corpo, assoggettandolo alla dura legge del “tempo”.

 

3. Come pensate evolverà il futuro della musica, sulla strada di una creatività senza confini tracciata da Monteverdi?

Molto difficile rispondere. Di sicuro la musica è forse tra tutte le arti quella più versatile, che teme meno il passare del tempo e l’avvento delle nuove tecnologie. Forse in futuro ascolteremo una madrigale di Monteverdi riprodotto dall’Intelligenza Artificiale e, chissà, non sarà poi così male; andremo ad un concerto di musica classica e ci saranno i violini suonati da automi in abito nero. Finché ci sarà qualcuno che vorrà sperimentare non limitandosi al campo del conosciuto e qualcuno che vorrà ascoltare, la musica continuerà a rinnovarsi, mutando aspetto, veste, lasciando sempre all’ascoltatore la possibilità di dare significato ad un significante fatto di suoni.

 

4. Suggerite una traccia dal vostro ascolto di musica quotidiana preferita.

Anche qui proponiamo un trittico in ex aequo.

Casa da floresta di Nanan

Summertime di Ella Fitzgerald

Gesualdo da Venosa di Franco Battiato

 

Autoritratto n.5  Teatri 35 in collaborazione con Michela Giorgini e Giampaolo Marzi